Diario della spedizione dei Mille

Fra i sei libri che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva davanti a sé sullo scrittoio la sera del 31 dicembre 2011, al momento dei tradizionali auguri di fine anno agli Italiani, abbiamo visto il Diario della spedizione dei Mille di Ippolito Nievo, Milano, Mursia, 2010.

Si tratta di un volumetto garibaldino e siciliano, dice Beppe Benvenuto nell’introduzione, essenzialmente composto dal diario e da alcune missive, con, in aggiunta, un’appendice di scritti giornalistici legati alla missione.

Le lettere di Ippolito ai familiari ci sono tutte, da quella spedita al fratello Carlo prima della partenza da Genova, avvenuta il 5 maggio 1860 al seguito di Garibaldi, fino all’ultima, indirizzata alla cugina Bice Melzi Gobio, datata Palermo 23 febbraio 1861.

Gli scritti giornalistici comprendono la lettera aperta che Ippolito Nievo scrisse Al chiarissimo direttore della «Perseveranza» in difesa dell’amministrazione garibaldina in Sicilia e il Resoconto amministrativo della prima spedizione in Sicilia. Dalla partenza da Genova il 5 maggio all’ultimo armistizio colle truppe borboniche il 3 giugno 1860, in Palermo redatto da Giovanni Acerbi, immediato superiore del Nievo.

Dopo aver completato i gravosi compiti, legati all’incarico di vice intendente generale, che lo aveva fatto tesoriere e pagatore generale delle Forze nazionali, il 4 marzo 1861 Ippolito Nievo si preparava al rientro.

Aveva scelto di salpare sull’”Ercole”, una nave a vapore, grigia, fracassona, sconnessa.

Dopo tre ore sarebbe partito l’altro vascello di linea, il “Pompei”, più affidabile e veloce, ma lui non volle attendere.

Esaurito e stanco, voleva consegnare al più presto il resoconto economico della Spedizione dei Mille.

L’amministrazione era stata difficile.

Pulita, per quanto disordinata, era sotto inchiesta, con calunnie di ogni genere, volte a screditare la più libera e fortunata impresa del Risorgimento.

Così quell’uomo elegante e distaccato, viso morbido, occhi marroni, mobilissimi, vestito ancora della giubba rossa, s’imbarcò.

Il sole splendeva.

La navigazione fu calma per tutto il pomeriggio.

Scesa la notte il tempo cambiò.

Ci fu una burrasca, che ebbe il suo culmine verso il mattino.

La mattina del 5 maggio, alle dieci, il tempo era tornato chiaro e il mare si era calmato.

Le navi dirette a Napoli erano tutte in ritardo. Ma, ad una ad una, entrarono nel golfo, e poi nel porto, attraccando tra il piccolo Molo Angioino e il Piliero.

Tutte tranne una.

La parte finale è tratta da STANISLAO NIEVO, Il prato in fondo al mare, Venezia, Marsilio, 2010

Daniela Mazzon Systema, tutti i diritti riservati

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